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Ronnie Peterson
Ronnie Peterson

Formula 1 [modifica]

Peterson debuttò nel 1970 al volante della March, ma nella sua prima stagione non ottenne alcun risultato utile. Rimasto nella scuderia britannica anche nei due anni successivi giunse secondo in classifica nel 1971, grazie ad una serie di podii. Più dura fu la stagione 1972, nella quale Peterson non andò oltre un terzo posto al Gran Premio di Germania e un nono in classifica piloti. Nel 1973 si trasferì alla Lotus, dove conquistò 9 pole position e quattro Gran Premi, spesso risultando più veloce del suo compagno di squadra, il campione del mondo in carica Emerson Fittipaldi. Peterson ritornò alla March per il 1976, dove riuscì ad aggiudicarsi il Gran Premio d'Italia, in seguito passò alla Tyrrell dove ottenne scarsi risultati, prima di far ritorno alla Lotus nel 1978.

Nel corso della fatale stagione 1978, il talento di Ronnie Peterson venne però imbrigliato da un contratto 'capestro' che lo costrinse al ruolo di seconda guida nel team. Per questo, sottoscrisse per l'anno successivo un contratto con la McLaren in cui, finalmente, avrebbe potuto avere un ruolo più adeguato alle sue capacità di guida.

Rimase però vittima di un incidente, occorsogli subito dopo la partenza del Gran Premio d'Italia 1978 a Monza nel quale rimasero coinvolte diverse vetture, tra cui quelle di Riccardo Patrese, James Hunt, Clay Regazzoni e Vittorio Brambilla. Si schiantò al muretto del collegamento con la pista junior. Estratto dalla vettura incidentata ancora vivo e cosciente, ma con gravissime fratture alle gambe, fu colpito in ospedale da embolia lipidica e morì il giorno seguente. Non è stato mai chiarito se fu proprio l'embolia a causare la morte del pilota svedese o l'imperizia dei medici nell'eliminarla (si disse che, nel tentativo di asportarla, causarono una gravissima emorragia che avrebbe condotto alle fatali complicazioni)[senza fonte].